Passano tutta l’estate a oltre 4000 metri di quota. Improbabili anacoreti delle grandi altezze? No, sono i quattro custodi della capanna Regina Margherita, 4554 metri di quota, sul Monte Rosa. Cristiano Mergozzi, e Luca Torchio di Cervinia, Stefano Lanti di Macugnaga e Maddalena Bacher di Alagna sono gli uomini più "alti" delle Alpi. Stanno sopra le nuvole su una delle cime più elevate del massiccio, ma si sentono comuni mortali: "Questa è una specola splendida e ci sentiamo fortunati di poter lavorare in un posto che ci piace. Tutto qui".
Condensano così, in poche parole, la loro gratificante quotidianità. Per Mergozzi è la dodicesima estate d’alta quota. È il decano e il responsabile della gestione del rifugio che da alcuni anni è stata assunta dalla società "Rifugi del Monte Rosa" di Giuliano Masoni e Anna Pagani, ai quali il Cai Varallo ha affidato tutti i suoi rifugi.
"Quattro anni fa sono salito alla Margherita come alpinista. Mi sono detto: "Sarebbe bello lavorare quassù". L’anno dopo sono stato assunto e ho coronato il sogno": ecco come è sbocciata la scelta di Stefano Lanti, che ha al suo attivo la discesa con gli sci della Est del Rosa e che d’inverno fa l’allenatore dello Sci Club Macugnaga.
La capanna Margherita è nata nel 1893, su proposta dei nipoti di Quintino Sella che hanno convinto il Cai di costruire un rifugio più in alto possibile. Il record resiste tuttora. Era un modesto ricovero per i pochi alpinisti dell’epoca che si avventuravano a quelle quote, ma anche per le prime ricerche sulla fisiologia d’alta montagna del professor Angelo Mosso, docente all’università di Torino e figlio di un povero falegname. Come cavie si serviva degli alpini, facendoli salire a piedi da Gressoney e addirittura da Ivrea. Nel libro "Monte Rosa regina delle Alpi" (edito da Alberti, Verbania), Oswald Oelz ricorda il caso di Pietro Ramella, un soldato di Oropa che arrivò stremato con 22 chili di pane, accusando mal di testa e nausea. Venne curato con marsala, cocaina e tuorlo d’uovo. Era stato colpito da un edema polmonare e si salvò solo grazie alla sua costituzione robusta. A quei tempi questa patologia era completamente sconosciuta.
"Anche oggi molti alpinisti soffrono mal di testa e nausea, ma negli ultimi anni la ricerche mediche condotte da diverse università italiane e straniere sono state sospese a causa della crisi", dicono i custodi. Così si sono potuti ampliare i dormitori portando la capienza a 90 posti letto, "che spesso sono al completo poiché ci sono delle agenzie estere che organizzano il tour del Rosa in alta quota con partenza e arrivo a Zermatt".
La mezza pensione costa 65 euro per i soci Cai e 80 per gli altri. Più che da rifugio, il servizio è da hotel: piatti in ceramica, quindi i rifiuti sono ridottissimi. "L’acqua la facciamo con la fusione della neve. Niente cibi in scatola: li porta freschi l’elicottero che ritorna a valle con lo scarico dei bagni. A 4554 metri si può pagare con la carta di credito e c’è a disposizione anche internet (info@rifugimonterosa.it)".
I frequentatori sono soprattutto francesi, svizzeri, tedeschi e austriaci mentre gli italiani si limitano in genere a un’ascensione in giornata. C’è anche una stazione meteo, collegata con l’Arpa del Piemonte. Questa estate è stata caldissima, ma nelle giornate di bufera la temperatura può scendere a -20°.
"Per noi - aggiungono i quattro custodi - la Margherita è davvero la regina dei rifugi. E non solo per noi". Qui arriva il primo sole dell’alba e rimane l’ultimo del tramonto. "La notte - scrive Marco Volken - è così corta come in nessun’altra casa delle Alpi".
Teresio Valsesia
(Pubblicato con l'autorizzazione dell'autore)